mercoledì 6 marzo 2013

La mia Africa

"La prima cosa che colpisce è la luce. Luce dappertutto, forte, intensa. Sole dappertutto."

C'è un posto nel mondo che ha cambiato la mia vita, che l'ha stravolta di meraviglia e miseria contemporaneamente.
L'Africa, anzi le tante Afriche sconosciute ai più in occidente.
Se parlo di quel continente mi si illuminano gli occhi, perché solcare le strade africane mi ha cambiato completamente prospettiva.
Intendiamoci! Amo la mia vita, la mia famiglia, la città in cui vivo ma ci sono luoghi ed esperienze che lasciano segni perenni a riordarci il senso del nostro vivere quotidiano.
Com'è cominciata? Più di dieci anni fa una ragazza italiana di quattordici anni che aveva vissuto per molti anni in Africa, incontrata ad una cena, affermava come volesse in cuor suo tornare in quei territori, popolati dalla fatica e dalla verità. In fondo viveva in Italia con coetanei che avevano come maggiore preoccupazione lo sport, la ricarica del cellulare o il messaggino su facebook (allora forse non esisteva ma c'era messenger).
Aveva ragione quella ragazza: meglio una vita dura, faticosa complicata, ma splendidamente concreta, piuttosto che la finta opulenza che caratterizza i luoghi in cui viviamo.
In fondo penso alla nostra incapacità di gestire la crisi. Per tanti anni abbiamo avuto più del necessario: troppe cose, troppi soldi, troppe automobili. La stragrande maggioranza degli africani non ha nulla, ma vive ben più felice di noi. Hanno semplicemente compreso che denaro, poderi e averi contano ben poco.
Laggiù ho incontrato tante persone vere, capaci di comprendere il significato profondo della sofferenza e della gioia.
Mi viene in mente la voce di una signora che all'ospedale perse il proprio bambino e girando l'angolo se ne andò lodando Dio. Ricordo a Bujumbura una cooperativa di donne africane sfuggite alla violenza dei loro mariti, capaci di creare un luogo di lavoro e di riscatto senza il sostegno di nessuno.
Mi viene in mente la straordinaria vitalità dei mercati africani.
Perché a me, come a molti altri, il mal d'Africa è venuto e permane ancora oggi, a distanza di quattro anni dall'ultimo viaggio.
Sono stato in molti paesi europei, negli Stati Uniti, ho girato mezza Italia, ma in nessun luogo mi son sentito a casa mia come in Burundi, il paese più povero del mondo, funestato da guerre, colpi di stato, miseria e malattie. Il paese più bello del mondo per me, perché vero, profondo, aspro e talvolta sconcertante.
Ma reale, che non si crogiola su ricchezze che non ha, che non perde tempo in automobili rombanti, in case fittizie, su faccialibro, in rapporti virtuali.
Un mondo fatto di banane fritte, pasta di manioca, capanne di fango e poco più, dove ogni giorno si lotta per vivere. Quel mondo che a me piace, lontano dalle conquiste della tecnologia, sicuramente più vicino all'essenza dell'uomo.
Ricordo ancora, mentre passavo il confine dal Rwanda al Burundi, un ponte terra di nessuno dove notavo un pò spaventato soldati armati di kalashnikov e bazooka. E comprendevo come l'Africa debba salvarsi unicamente da sola, noi possiamo avere unicamente la fortuna di conoscerla. Vorrei portarci tutti quelli che oggi giocano alla guerra con Call of duty, Battlefield e cazzate simili, per fargli capire cosa significa davvero morire o ammazzare qualcuno. Perché in fondo, vivendo in quei luoghi e assaporando i racconti della gente del posto, mi son venuti in mente le storie dei miei nonni sulla guerra e le sue atrocità. E ho vissuto, per davvero, qualche mese con l'accento dell'essere umano.
Un giorno vorrei portarci i miei figli, se vorranno, e fargli assaporare il gusto di un territorio che ti espone alla vita vera e che solo per questo ti fa sentire realizzato.
Un consiglio solo a chi vuole esplorare quei territori: l'Africa non ha bisogno di salvatori, di eroi europei o americani che vogliono cambiarla o avere la presunzione di civilizzarla. L'Africa ha bisogno di gente curiosa e umile che intende conoscerla e sporcarsi le mani. Un infermiere che andò in un ospedale di Gitega, in Burundi, venne cacciato poco dopo il suo arrivo. Perché? Tutto il giorno quest'uomo stava a domandarsi cosa poteva fare per salvare il mondo, il Burundi l'Africa intera. Ebbene, non aveva capito proprio nulla. Perché non era capace davvero di incontrare l'Africa e gli africani, figlio di una supponenza profondamente occidentale.
Negli ultimi anni più di una persona mi ha chiesto di dargli una mano a vivere un'esperienza in Africa. L'ultima qualche giorno fa.
Ho sempre sostenuto volentieri chi voleva fare quest'esperienza. Perchè vivere il continente africano è un viaggio, una ragione di vita che sempre caratterizzerà la mia esistenza. Sognando di tornarci e di esser di nuovo chiamato muzungu.