lunedì 25 giugno 2012

Shakespeare and Company

Ci sono luoghi che ci segnano e ci rendono migliori al solo passaggio.
C'è una meravigliosa libreria a Parigi, di fronte a Notre Dame, Shakespeare&Company.
La libreria venne fondata nel 1919 da Sylvia Beach in Rue de L'Odeon; venne chiusa per il rifiuto di vendere l'ultimo esemplare di Finnegan's Wake ad un ufficiale nazista e rifondata, in maniera del tutto autonoma dalla precedente esperienza, dopo l'occupazione nazista e la guerra, nel 1951 da George Withman dapprima con il nome Le Mistral e poi con l'antica denominazione al 37 di Rue de la Bucherie.
La cosa fantastica è che tale luogo offre alloggio in cambio di qualche ora di lavoro tra gli scaffali. E' sempre stato un centro  che ha radunato scrittori e artisti di ogni tipo nella ville lumière.
Soprattutto ho sempre amato la scritta che si trova in cima alle scale, al primo piano.."be not inhospitable to the strangers lest they be angels in disguise", Sii gentile con gli sconosciuti, perché potrebbero essere angeli nascosti.
Aveva ragione Yeats, che scrisse quei versi. Ed è una lezione che noi tutti dovremmo imparare e conoscere.
Pur avendola frequentata, non sono mai stato ospitato nella libreria, ma ho fresco il ricordo di due ragazze che mi raccontavano l'accoglienza che caratterizzava George Whitman, le sue stravaganze, il suo amore profondo e vero per i libri.
E' un invito ad entrarvi, a conoscerla, ad amare i libri, a leggerli e soprattutto a seguire quel motto, stagliato in alto, al primo piano della libreria.

"Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni praticandola, senza saperlo, hanno ospitato angeli"



venerdì 22 giugno 2012

Responsabilità

C'è un tema, più attuale che mai. E' un argomento di cui ci dimentichiamo volentieri o che scarichiamo facilmente. E' la responsabilità.
Ogni giorno incontro minori in famiglie senza una lira, a rischio sfratto, l'ultima ieri. E i servizi non son capaci di dare una risposta a queste famiglie, a questi ragazzi. Il ritornello è "non abbiamo soldi". Ma un modo c'è, come ci suggerisce il presidente dell'Uruguay Josè Mujica, che a deciso di ospitare all'interno di un'ala non utilizzata del palazzo presidenziale i senza tetto. perché Non farlo a Palazzo Chigi, al Quirinale, nei palazzi delle istituzioni? 
Mi fa pena il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ad ogni difficoltà se la prende il primo che gli capita a tiro. In inverno, in piena emergenza neve ha scatenato la sua ira contro la protezione civile. In questi giorni, per i ritardi della metropolitana, ha nel mirino i macchinisti che a suo dire "fanno una specie di sciopero bianco creando grandi disservizi, grande disagi alla popolazione".
Ma quest'uomo è capace di prendersi le proprie responsabilità? 
Ecco è uno dei problemi non solo del signor Alemanno, che per civetteria politica, volontà megalomane o meschina superiorità si atteggia da candido ed innocente. E' una questione che riguarda tutti noi. 
E' facile di fronte a problemi e difficoltà lavarsi le mani, tanto ci sarà qualcun'altro al posto nostro che si occuperà di portare avanti la carretta. 
La mafia?... Non vedo, non sento non parlo...
Un sopruso, una violenza? Sto zitto, tanto che cosa ne guadagno se parlo?
La povertà? Che me ne frega, ho il cayenne...
Un figlio da crescere? Scappo oppure lo faccio a cinquant'anni, mica prima posso...
Volontariato? Non ho tempo, devo giocare alla play (a quarant'anni suonati...).
Tutti rintanati nelle nostre calde casette, al riparo dai problemi e dalle difficoltà, incapaci di gestirli se arrivano e sfondano il tetto delle nostre presunte sicurezze.
Per fortuna ieri sera ho avuto casualmente modo di sentire in tv il solito don Ciotti, e dico il solito perché non sento tante altre voci proferire simili parole: "Se tu ti occupi degli ultimi, li aiuti e non disturbi nessuno, non chiami per nome le responsabilità, allora tu sei bravo, vai bene e ti danno anche una mano. Se invece graffi le coscienze e chiedi conto di chi deve rispondere … allora si sentono questi macigni che ti arrivano da tutte le parti".
Non ci faccio nulla con una società che preferisce il silenzio, la profonda stupidità delle campagne sulla sicurezza, il menefreghismo (triste retaggio del fascismo) a un impegno personale, costante e coerente.
Non si cambia un bel niente se si continua a coltivare il proprio orticello. 
E' così difficile uscire dalle mura dei "fatti nostri"?

sabato 16 giugno 2012

Storie di folletti maghi e draghi blu

Giornate alternate da moltitudini di storie!
Calcio...tutti a parlare di biscotto, ovvero del temibile accordo 2-2 tra Spagna e Croazia...ma non eravamo noi quelli delle combine? Non siamo forse noi ad avere in nazionale perlomeno un indagato e un altro assiduo scommettitore?
La Margherita: dopo tutti gli scandali, gli ex dirigenti di quel partito si premurano di fare un'assemblea a porte chiuse. A quale scopo? Nascondere ulteriori segreti?
Il PDL con la scusa della responsabilità civile dei magistrati fa di tutto per rinviare la legge anti corruzione. Non sia mai che la corruzione venga punita a dovere per questo strano partito in odor di bollito!
Strano a dirsi, ma per la prima volta un primo ministro estero, la Merkel, chiede ad un paese sovrano, la Grecia, di votare per chi è a favore dell'austerità. L'Argentina docet!
In Siria si continua a morire, ma tanto che ce ne importa a noi poveri italiano sommersi dalla paura del biscotto?
Un colpo di sole può capitare anche a Roberto Saviano...vendere i beni confiscati? Ma non erano da riutilizzare con fini sociali?
Una bella notizia alla fine: 21 anni dopo l'assegnazione, Aung San Suu Kyi ritira il premio nobel per la pace.... Prima o poi la verità vince...

domenica 10 giugno 2012

Meritopazzia

"Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo d'espressione. Ai ricchi toglie la conoscenza delle cose".

Tutti oggi parlano di meritocrazia.
Chi ne ha parlato per primo, con ragione? Michael Young.
Nel suo libro "L'avvento della meritocrazia", smonta ogni possibilità positiva del termine sostenendo che con l'applicazione di tale concetto "Gli uomini si distinguono non per l’eguaglianza, ma per l’ineguaglianza delle loro doti. A che pro abolire le ineguaglianze nell’istruzione se non per rivelare e rendere più spiccate le ineluttabili ineguaglianze della natura?" In pratica si demolisce il concetto che vede la meritocrazia come faro, guida, luce per la società dell'epoca (1958) e per quella attuale.
Quando ero all'università c'erano studenti che privilegiavano il segreto. Non condividevano nulla e se venivano a conoscenza di qualche opportunità facevano in modo di non diffonderla, talvolta incoraggiati da qualche professore.
Io ho sempre cercato di fare il contrario e ho sempre visto la condivisione alla base del mio percorso scolastico ed universitario. Se sapevo di qualche concorso, ho sempre cercato di diffondere la notizia; se potevo dare una mano, studiare insieme, l'ho sempre fatto.
La meritocrazia, vista come competizione tra i più bravi, non farà altro che creare un luogo solitario, elitario e di esclusione, un rotary club in stile scolastico e universitario.
Ne abbiamo bisogno? Io credo di no.
Poi certo, anche io credo che a svolgere determinati mestieri debbano essere persone capaci e competenti, come anche che il lavoro debba essere portato avanti in maniera seria, costante, caratterizzato da formazione continua. Ma questo si chiama qualità, non meritocrazia.
Questo termine va criticato anche dal punto di vista educativo. L'intelligenza è una merce economica da vendere? O ancora, educhiamo i ragazzi a farsi la guerra e a coltivare segreti e strategie scolastiche ed universitarie?
Preferisco la condivisione.
Soprattutto si tradisce la lezione di Don Milani...
Consiglio a chi parla di meritocrazia una profonda lettura di "Lettera a una professoressa". Già cinquant'anni fa la Scuola di Barbiana diceva che la scuola era un ospedale che cura i sani e respinge i malati. 
Un alunno della scuola di Barbiana diceva che la scuola è sempre meglio della merda, vogliamo renderla tale?


"Le riforme che proponiamo:
• Non bocciare
•A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a pieno tempo;
•Agli svogliati basta dargli uno scopo."





venerdì 8 giugno 2012

C'est la décadence

Qualche giorno fa in una recensione di un libro, il commentatore scriveva che la letteratura di oggi segue l'effetto di tristezza diffuso dalla crisi.
E così il cinema, la politica, talvolta la musica. 
Il giorno seguente un signore mi disse che la sua generazione aveva la speranza di cambiare le cose, la nostra è caratterizzata da rassegnazione.
Tutto sembra più cupo, oscuro, senza speranza.
L'epoca delle passioni tristi, come due psicoterapeuti definivano le giovani generazioni di oggi...
Ora basta però! 
Non sarà il caso di reagire e di costruire nuovi percorsi virtuosi? Criticare ciò che non va è giusto, come anche preoccuparsi se le cose vanno sempre peggio. Però poi bisogna anche saper proporre differenti modelli e applicarli, a cominciare dalla propria vita.
Dall'indignazione si deve coltivare la speranza di poter cambiare quello che non ci piace o che non conideriamo giusto.
Soprattutto si deve riscoprire il termine passione.
La passione di far le cose e di viverle nella propria esistenza, la passione di sviluppare le proprie attitudini e di offrirle al mondo. 
La passione di dare importanza alle persone, alle relazioni agli incontri.
E' facile rassegnarsi in questa triste e meschina epoca. E' facile prendersela con chi sbaglia (anche giustamente) e non fare nulla. 
Più difficile è impegnarsi a mutare le ingiustizie, i soprusi, le incompetenze. 
L'unica chance che abbiamo è credere che l'impossibile si realizzi, come già avvenuto in passato.
Non è poi così difficile, basta macchiarsi di speranza, passione e impegno.